Riabilitazione dello scafoide per l’uso della mano
Lo Scafoide è una delle 6 ossa che formano il “carpo”, quella parte della mano che si articola con il radio (osso dell’avambraccio) formando il polso. La frattura dello scafoide rappresenta il 90% delle lesioni al polso, a causa del fatto che lo scafoide si trova in una posizione in cui convergono numerose forze esterne. Questo tipo di trauma avviene soprattutto in caso di cadute con il polso in iperestensione.
Scopriamo cosa si può fare per la riabilitazione dello scafoide, in modo da recuperare a pieno l’uso della mano.
Sintomi della frattura di scafoide
I sintomi principali, in caso di frattura, sono:
- dolore locale;
- gonfiore e a volte ematoma;
- difficoltà / impossibilità di movimento del pollice, della mano e del polso;
- dolore alla compressione.
La diagnosi si avvale ovviamente dell’esame radiografico in tre proiezioni: postero-anteriore, laterale e semipronata. A volte, per confermare la presenza di una frattura può essere utile effettuare esami radiologici più approfonditi come una tac o/e una risonanza magnetica.
Complicanze della frattura dello scafoide
Il motivo per cui si deve porre una particolare attenzione è che lo scafoide ha un sistema di vascolarizzazione particolare, più precisamente “retrograda”. Questo indica che in una parte dell’osso, che confina con il polso,, c’è il rischio che in caso di frattura giunga meno sangue poiché lo scafoide è irrorato da due piccole arterie che penetrano dal lato opposto. Un mal consolidamento della lesione ossea può produrre il conseguente sviluppo di una pseudoartrosi (mancata produzione del callo osseo) o addirittura di una necrosi dell’osso con il rischio di infezioni.
Riabilitazione dello scafoide
Dopo la frattura dello scafoide si ha di solito l’applicazione di apparecchio gessato per 6/10 settimane (non oltre i 3 mesi). La ripresa funzionale non può prescindere da un programma riabilitativo personalizzato, in modo da favorire in primis il recupero del ROM fisiologico (generalmente molto limitato) attraverso mobilizzazioni passive e attive in flessione, estensione, prono-supinazione del polso, mobilizzazioni articolari interfalangee sia del pollice che delle dita attigue. In questa fase, per controllare il dolore sono utili terapie fisiche (ghiaccio, laser, ultrasuoni in immersione) e massoterapia drenante e decontratturante dell’arto superiore.
Il trattamento con la fisioterapia
Il trattamento varia in funzione del tipo di frattura (composta o scomposta) e della zona ossea in cui avviene. L’obiettivo del primo periodo di terapia di solito è di:
- drenare l’articolazione, utilizzando la tecarterapia
- recuperare il range articolare di polso, mano e dita (soprattutto il pollice) con delle mobilizzazioni e con degli esercizi specifici
- diminuzione del dolore, avvalendosi del Laser ad alta potenza.
Nella seconda fase del ciclo terapeutico si opera di solito con:
- l’IPERTERMIA, grazie alla quale è possibile aumentare il dosaggio di energia da cedere ai tessuti per ottenere una maggiore stimolazione biologica;
- TRAINING RIABILITATIVO: Man mano che diminuisce il dolore e migliora la mobilità del polso, si possono inserire degli esercizi per migliorare forza nei movimenti della mano (primo fra tutti il gesto della prensione) e del polso.
Gli esercizi consistono nel eseguire dei movimenti in direzioni specifiche, sia a corpo libero che non delle resistente elastiche.
Questi cicli terapeutici hanno una durata di circa tre settimane, e permettono un pieno recupero della funzionalità del polso in modo da tornare a praticare le normali attività lavorative e sportive.
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